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Fare l’autista, ecco una intervista fatta a noi stessi

Tolgono visibilità, vanno piano, sono difficili da superare, stanno incolonnati in autostrada, intasano le aree di servizio.

Alzi la mano chi non ha mai formulato questi pensieri trovandosi dietro un mezzo pesante.

Ma voi, vi siete mai messi nei panni dei camionisti?

Se il traffico cittadino vi stressa, elevatelo alla potenza considerando le ore di guida degli autisti. O provate a immaginare quanto sia complicato fermarsi a chiedere informazioni stradali a bordo di un mastodonte.

Faticate a parcheggiare il vostro suv? Un camion è molto più grande.

Gli autisti dormono in cabina, stanno giorni lontano dalla famiglia. E magari devono fermarsi a pochi chilometri da casa perché hanno finito le ore di guida oppure escono fuori dall’impegno giornaliero.
In Italia sono tante le aziende di famiglia, con la passione dei mezzi pesanti che si trasmette di generazione in generazione. Devono però fare i conti con collegamenti stradali obsoleti, infrastrutture assenti, valichi internazionali spesso impercorribili, burocrazia infinita.

Basta provarci. Mettersi nei panni di un camionista condividere con loro qualche chilometro di strada con loro, con l’obiettivo di andare oltre ai soliti concetti e pregiudizi.

I camionisti sono rozzi? Non li conoscete sono uomini sensibili, ordinati e appassionati, certo come sempre c’è anche qualcuno un po’ rozzo, meno sensibile, meno ordinato.

Immaginiamo di intervistarli dentro il loro luogo di lavoro, di vita, eh sì, perché dentro la cabina di un camion, tirata a lucido, linda, pulita e profumata passano gran parte della loro vita, ti diranno che hanno una passione esagerata per i camion. Questo lavoro è una scelta di vita. Il camion è più di una seconda casa, per chi è appassionato. Se gli parlate della loro famiglia vi risponderanno con gli occhi che  brillano: “E’ la cosa più importante al mondo, per primo i figli, poi la moglie che li sopporta e supporta in questa vita sacrificante”. Le problematiche? “La prima difficoltà la incontri sulla strada, con ingorghi vari, disservizi di ogni genere, e aree di servizio troppo piccole e poi le aziende devono fare i conti con la concorrenza sleale dei trasportatori stranieri che pagano meno il gasolio, meno il personale, meno tasse, meno contributi…”. Oggi fare il camionista non va più di moda? “Quale ragazzo di 20 anni può permettersi di investire 4/5mila euro per pagare un patentino? Quando tirerà fuori quei soldi? Ma soprattutto ce li ha? Può investirli per fare una vita sacrificante come quella di un autista? Occorre fare qualcosa perché i giovani si avvicinino a questo mondo perché alla fine è un bellissimo lavoro”.

In un momento di crisi economica e di alta disoccupazione, ogni azienda di trasporto vorrebbe aumentare del 20% la forza lavorativa ma fatica a trovare nuovi autisti. Eppure la paga è buona: chi fa un rientro a casa tutte le sere con trasporto giornaliero ha una retribuzione netta di circa 1.700, fino ad arrivare intorno ai 2.500 per chi sta fuori tutta la settimana. Sono quasi tutti contrattualizzati a tempo indeterminato. Insomma una posizione da mutuo prima casa garantito.

La popolazione degli autisti invecchia e i giovani non si avvicinano. Perché?
Il problema è trovare autisti che ti portino il camion a casa sano. I giovani non si avvicinano perché il costo delle patenti è troppo elevato. O hai il lavoro garantito o non vai a fare una spesa del genere”. Le problematiche? “La viabilità e la carenza di infrastrutture. Poi dobbiamo fare i conti con una concorrenza spietata dall’Est Europa e con troppa burocrazia.

Fare il  camionista non è un lavoro per tutti, a differenza di 30 anni fa ora è una vera e propria professione. Devi conoscere la strada, saperci fare con il cliente e approcciare in modo educato. Non basta solo salire sul camion. Ci vuole competenza e professionalità per fare questo mestiere.  

fonte trasportinforma.it

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