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Negli ultimi mesi le associazioni degli  autotrasportatori hanno lanciato l’allarme sull’aumento del prezzo del carburante, che incide tra il 30% e il 40% sui costi di gestione delle aziende.

Il prezzo del gasolio sta costantemente crescendo per l’aumento del petrolio, che ha portato un aumento del dieci percento nell’ultimo anno. Una recente ricerca mostra che l’Italia è il secondo Paese europeo col maggiore prezzo del gasolio alla pompa, dopo la Svezia, anche a causa dell’elevata incidenza delle accise. “Per una piccola impresa di trasporto, un rincaro di tre centesimi al litro di gasolio, e in queste settimane siamo andati anche oltre, vale migliaia di euro all’anno”, Su questo tema si muovono gran parte della Associazioni che rilevano il mancato adeguamento delle tariffe dell’autotrasporto a causa dello “scarso o inesistente potere contrattuale che rende difficile, rischioso e complicato, procedere all’applicazione dei dovuti adeguamenti”.

C’era una norma che prevedeva l’adeguamento mensile sui costi minimi della sicurezza, “prontamente eliminata dalla Corte Europea, e successivamente reintegrata dalla Corte Costituzionale Italiana, ma a tutt’oggi il Ministero dei Trasporti nulla ha fatto in merito se non pubblicare mensilmente il costo del gasolio epurato di accise ed IVA (questo sapevamo farlo anche da soli, non c’era bisogno del Ministero).
La nota importante è che “un chilometro di percorrenza di un veicolo pesante dovrebbe essere pagato in media 1,5 euro (ultimi dati pubblicati dal ministero dei Trasporti per le medie percorrenze con riferimento ai costi della sicurezza) il costo al chilometro dovrebbe aumentare di 0,04 euro ovvero dovrebbe essere 1,540 euro/km. Un camion percorre circa 10mila chilometri al mese, quindi l’autotrasportatore oggi dovrebbe incassare, ogni mese, rispetto a luglio 2017, 400 euro in più per ogni camion. Per comprendere la dimensione del problema un’azienda media di cento camion, che non ha ottenuto l’adeguamento dei corrispettivi da luglio 2017, avrà perdite economiche annuali di quasi 500mila euro. Si tenga conto poi che dall’aprile 2018 (ultimo dato ufficiale del MiSE) ad oggi abbiamo avuto un ulteriore incremento di circa il 5% del costo del gasolio. Ovvero in quasi due mesi la necessità di un nuovo incremento tariffario importante”.
Il costo del Gasolio non è l’ultimo problema infatti  si somma anche quello dei pedaggi autostradali, che dal primo gennaio sono cresciuti mediamente del 2,73%, con punte su alcune tratte fino al dieci percento, e dell’adeguamento del costo del lavoro dovuto al rinnovo del contratto nazionale degli autisti dello scorso 3 dicembre. Vogliamo ricordare che secondo la Legge 133 del 6 agosto 2008, gli autotrasportatori possono adeguare la tariffa se il costo medio del carburante e delle autostrade supera il due percento..
Per affrontare l’emergenza, si richiede l’ intervento del Governo: “Considerato il peso delle accise sul costo finale del carburante è necessario che l’Italia porti le imposte sul gasolio commerciale da autotrazione sotto il 50% del costo complessivo alla pompa, come già hanno fatto tredici Paesi europei. Solo così potrà essere restituita la necessaria competitività alle imprese del trasporto e all’intero sistema Paese”

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Raffica di arresti e sequestri da parte della Finanza nell’ambito di una maxi inchiesta su una forde di carburanti a cavallo tra le province di Macerata e Ancona. Il bilancio dell’operazione “Drago Nero” è di sei arresti, ai domiciliari, 25 persone indagate, e il sequestro di beni per 22 milioni a fronte di una fronte da 120. L’inchiesta, partita nell’estate del 2015, ha portato all’esecuzione di decine di perquisizioni e conseguenti sequestri documentali nelle sedi societarie e presso le abitazioni delle persone a vario titolo coinvolte, sparse nelle regioni Marche, Lazio, Abruzzo, Campania Puglia e Lombardia.

La complessa ramificazione societaria, costituita ad hoc per ostacolare l’accertamento della frode, con la compartecipazione di un elevato numero di persone, aveva base decisionale a San Severino Marche, in provincia di Macerata A capo dell’associazione per delinquere, un settempedano, di anni 50, risultato il dominus assoluto, cioè colui che ha promosso e coordinato il sodalizio criminoso. Lo schema della gigantesca frode fiscale, una delle più ampie e articolate mai scoperte negli ultimi anni nel settore dei prodotti petroliferi, prevedeva, infatti, che il carburante effettuasse due “viaggi” differenti:  un “viaggio fisico”, con cui il prodotto, partendo dall’estero a mezzo di autobotti, raggiungeva direttamente i depositi di stoccaggio ubicati a San Severino Marche (MC), Cava de’ Tirreni (SA), Capriva del Friuli (GO), Fiumicino (RM), Mirano (VE) e Monselice (PD), per poi essere velocemente inviata presso i distributori stradali;  un “viaggio cartolare”, molto più “tortuoso” di quello fisico, ma fiscalmente e indebitamente vantaggioso. Il carburante, infatti, veniva cartolarmente ceduto, dapprima, a 3 società “cartiere” formalmente ubicate in Bulgaria e nella Repubblica Ceca, ma gestite dai membri dell’organizzazione criminale, per poi essere fatturato a società “cartiere” italiane (complessivamente 7 società italiane più una società svizzera avente domicilio fiscale in Italia), le quali non versavano l’imposta dovuta, pur incassandola dai clienti finali. Infine, il carburante veniva venduto a distributori stradali, alcuni dei quali collegati direttamente ai membri dell’organizzazione. L’imponente frode fiscale ha interessato oltre 133 milioni di litri di carburante, proveniente essenzialmente dalla Slovenia. Il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto il sequestro preventivo, eseguito dai militari della GDF, finalizzato alla confisca di beni, fino a concorrenza della somma di circa euro 22 milioni di euro e pari al profitto illecito conseguito in virtù dei reati contestati e costituiti da: – 9 distributori stradali (attualmente in attività) gestiti da tre società su tre province (Ancona Teramo e Pesaro e Urbino; – 7 società utilizzate per la frode; – quote di partecipazione al capitale sociale di 23 società e 3 ditte individuali; – 21 immobili e 16 terreni ubicati in 5 province; – 4 autoveicoli; – 9 automezzi commerciali; – 3 motocicli; – 1 barca; nonché le disponibilità bancarie riconducibili agli indagati.

fonte corriere dell’adriatico

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Attenzione a comprare gasolio che proviene dalla Slovenia…

Con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 gennaio
2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio, la solidarietà del
cessionario nel pagamento dell’IVA, nel caso in cui il cedente non abbia
proceduto con il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, è stata estesa
anche alle cessioni di carburanti per autotrazione, avvenute a prezzi
inferiori al valore normale.
Il decreto fa riferimento alla regola della solidarietà tra cedente e
cessionario nel versamento dell’Iva (articolo 60-bis, Dpr 633/1972 e
circolare n. 41/E del 26/9/2005, paragrafo 6), norma istituita per combattere le
frodi in determinati settori a rischio.
La solidarietà opera a determinate condizioni e cioè: la cessione deve avere
ad oggetto determinati beni (individuati con apposito decreto del MEF del
22 dicembre 2005); i beni devono essere ceduti a un prezzo inferiore al
valore normale (determinato ex art. 14, DPR 633/1972); il cessionario deve
essere un soggetto passivo Iva; il cedente non ha versato l’imposta
dovuta.
La responsabilità solidale del cessionario è limitata alla sola imposta e
non si estende, quindi, alle sanzioni dovute dal cedente per aver violato
l’obbligo di versamento dell’Iva dovuta. Il cessionario (obbligato in solido)
può però sottrarsi alla responsabilità dimostrando con documentazione
che il prezzo dei beni ceduti (inferiore al valore normale) è stato
determinato sulla base di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o
di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il
mancato pagamento dell’imposta.
Il decreto legge 50/2017 già prevedeva l’estensione della solidarietà al settore
dei combustibili per autotrazione, ma delegava a un decreto del MEF il
compito di individuare le specifiche tipologie di beni da includere nell’elenco
dettato dal decreto ministeriale sopra citato. Il decreto di gennaio aggiorna
dunque questo elenco includendovi “benzina e gasolio destinati a essere
utilizzati come carburanti per motori” (art.1), in quanto ritenuti “prodotti per i
quali sono più facilmente riscontrabili fenomeni di frode”.

fonte uominietrasporti

Se detta norma fosse applicata anche ai servizi di trasporto, ma nella forma inversa, se non paga l’IVA il cessionario, il cedente è solidale (oggi applicata solo con il DURC che riguarda gli aspetti contributivi, assicurativi e retributivi), visti i prezzi assurdi che si stanno praticando sulle tratte?

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Il 14 novembre 2016, la Guardia di Finanza di Catania ha sgominato una vasta organizzazione che importava illegalmente carburante importato dall’estero e trasportato con autoarticolati rumeni e bulgari.

La banda di contrabbandieri aveva una dimensione internazionale e giocava sul finto transito in territorio italiano. L’organizzazione acquistava il gasolio in raffinerie tedesche, austriache e polacche, trasportandolo in Italia usando imprese di autotrasporto con sede in Romania e Bulgaria e con falsa documentazione che dichiarava un carico di olio lubrificante (che non paga accise) destinato ad altri Paesi esteri, come Grecia, Malta o Cipro. Con questo meccanismo, i contrabbandieri speravano di eludere i controlli su strada.
In realtà, il gasolio arrivava nel catanese, dove era scaricato in diverse aree attrezzate come vere stazioni di servizio completamente abusive, che provvedevano alla vendita all’acquirente finale. Ovviamente, questi impianti non offrivano alcuna garanzia dal punto di vista della sicurezza. Che tale aspetto non interessasse minimamente i contrabbandieri emerge anche dalle modalità di trasporto: invece che in autocisterne conformi all’Adr, infatti, il gasolio viaggiava in contenitori in plastica da mille litri, caricati su normali autoarticolati centinati. Il gasolio era venduto a privati e a imprese di autotrasporto con uno “sconto” di 30-40 centesimi al litro rispetto al prezzo alla pompa.
L’organizzazione era gestita da tre diverse bande, collegate tra loro, che si dividevano la gestione della filiera. Una era capeggiata da un pregiudicato appartenente alla cosca mafiosa dei Laudani, che si occupavano dello stoccaggio e della vendita al dettaglio del gasolio tramite un autolavaggio a Sant’Antonio e un parcheggio ad Acireale. Una seconda banda era formata da un autotrasportatore e da due fratelli titolari di un’impresa di autotrasporto, già coinvolti in un’altra indagine sul contrabbando, che rappresentavano nel catanese e in Campania una rilevante fonte illecita d’approvvigionamento di prodotti petroliferi. Questa organizzazione operava anche tramite società estere in diversi Paesi europei. Una terza banda, promossa da un altro autotrasportatore, provvedeva all’approvvigionamento di gasolio agricolo da depositi del siracusano e del catanese.
La Guardia di Finanza sottolinea che queste tre bande “hanno continuato a delinquere nonostante nel corso delle indagini i finanzieri di Catania avessero intercettato numerosi trasporti di contrabbando arrestando in flagranza di reato 11 persone e sequestrando complessivamente circa 270mila litri di prodotto”. Secondo gli inquirenti, il contrabbando ha interessato quasi un milione di litri di gasolio l’anno, con profitti di in nero di svariate centinaia di migliaia di euro e con imposte evase superiori al milione di euro. La Magistratura ha disposto anche il sequestro preventivo di circa 4, 5 milioni di euro.

fonte trasportoeuropa