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C’è un magazzino di proprietà di una società, c’è un’azienda (cooperativa, per la precisione) che all’interno del magazzino si occupa dei lavori di immagazzinamento, c’è un’azienda di autotrasporto che va a caricare e a scaricare sempre dentro lo stesso magazzino. Poi un giorno fatalmente capita l’incidente: un addetto al carico e allo scarico e alla movimentazione delle ribalte, alle dipendenze della coop, apre la porta a rullo prima ancora che un veicolo dell’azienda di autotrasporto in retromarcia si fosse fermato e manovra la pedana, standoci sopra, man mano che il mezzo si avvicinava, ma alla fine rimane schiacciato e perde la vita. Di chi è la responsabilità?

La Cassazione, con sentenza n. 44792/2015, ha chiarito che in questo caso scatta il concetto di interferenza tra imprese, previsto dall’art. 26 del D. Lgs. 9/4/2008, che non vale soltanto rispetto al caso in cui lavoratori di imprese diverse entrino in un contatto rischioso, ma include anche il caso in esame, quello cioè di più organizzazioni che lavorano nello stesso ambiente.

Ma vediamo in concreto cosa era accaduto nel processo. Sul banco degli imputati sedevano l’amministratore della cooperativa e quello di un’impresa di autotrasporto. La proprietà del magazzino non compariva in quanto aveva appaltato le attività di magazzinaggio a una società che a sua volta le aveva subappaltate ad altre società cooperative, compresa quella coinvolta nell’incidente mortale.

L’impresa di autotrasporto si difendeva sostenendo che la responsabilità dell’infortunio era da addebitare soltanto alla società committente dei servizi di magazzinaggio in quanto era l’unica a dover garantire la sicurezza del sito, predisponendo tutti gli accorgimenti necessari e informando tutti coloro che ci avessero lavorato, in particolare se si trattava di un esterno, come poteva essere un autista, per di più di nazionalità straniera, costretto ad arrangiarsi raccogliendo informazioni da colleghi.

Peraltro, la gestione del piazzale incombeva alla società committente alla quale erano da addebitare le conseguenti gravi carenze di illuminazione e di segnaletica, oltre che le mancanze di adeguata informazione agli autotrasportatori.

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dall’amministratore della cooperativa di immagazzinaggio e ha annullato la sentenza emessa nei confronti dell’amministratore della ditta di autotrasporto seppure con qualche limite. Più precisamente secondo i giudici l’azienda di autotrasporto inviava autisti che venivano a contatto, all’interno del deposito della committente, con i dipendenti della società cooperativa. E quindi sarebbe stato necessario porre in essere una prevenzione dei rischi interferenziali.

In tal senso la Cassazione ha chiarito che questo concetto di interferenza serve a tutelare i lavoratori appartenenti a imprese diverse che si trovino a interferire le une con le altre per lo svolgimento di determinate attività lavorative e nel medesimo luogo di lavoro. In particolare, l’art. 26 del D. Lgs 81/2008 è finalizzato proprio a fare in modo che il datore di lavoro committente utilizzi un segmento interno della propria azienda per prevenire ed evitare i rischi interferenziali, promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione.

Rispetto al caso in questione la Cassazione ha quindi evidenziato che andavano considerate sia l’interferenza dell’attività lavorativa di cui era responsabile il titolare della ditta di autotrasporto, con l’attività di gestione del sito di stoccaggio riferibile alla committente.

La Corte ha anche ritenuto inaccettabile la giustificazione addotta dal datore di lavoro della ditta di autotrasporto che ha escluso ogni sua responsabilità sulla mancata formazione dell’autista in ordine alla manovra di avvicinamento alle ribalte, sulla base del fatto che la committente non avesse una procedura con cui stabilire le misure di prevenzione e protezione di avvicinamento alle ribalte e non avesse fornito alle imprese appaltatrici dettagliate informazioni sulle misure di prevenzione. Questo perché l’azienda di autotrasporto era tenuta a richiedere al committente il documento di valutazione dei rischi interferenziali e, davanti a una risposta negativa, avrebbe dovuto personalmente sopperire alla individuazione del rischio in questione.

In conclusione, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’amministratore della cooperativa di immagazzinaggio e ha eliminato la pena inflitta al titolare della ditta di autotrasporto almeno in una parte, andando poi a riquantificare la pena complessiva in un anno e tre mesi di reclusione.

fonte uomini e trasporti

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