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Tempo di formazione sul cronotachigrafo, ma parliamo di formazione seria, non di quella che serve solo per ottenere un semplice attestato, di docenti veramente preparati in questo campo non ce ne sono molti.

L’organizzazione del lavoro è molto importante, anzi fondamentale, sia per evitare sprechi inutili per le aziende, quindi aumenti di costi, che sono dovuti principalmente a sanzioni per la non conoscenza sul funzionamento del  cronotachigrafo, sia, questa seconda avviene troppo spesso, al voler trovare sempre un modo per raggirare le regole, in particolare l’utilizzo di apparecchiature e/o strumenti che violano le norme sulle ore di guida e riposo, tutto a vantaggio della committenza, che pur se non scritto “obbliga” l’azienda di trasporto a non rispettare le regole stabilite.

Oggi chi rischia veramente sono 3 figure:

  • L’autista (trasgressore) che rischia oltre ai punti sulla patente, la sospensione anche una denuncia penale (in alcuni casi);
  • L’azienda di trasporto che in caso di controllo e malaorganizzazione del lavoro ha delle sanzioni molto pesanti;
  • Il gestore dei trasporti che in caso di troppe sanzioni rischia la propria onorabilità, con sospensioni da 3 mesi fino ai 2 anni per riabilitarsi.

E’ giunta l’ora di capire cosa si può fare e cosa non si può fare con il cronotachigrafo, dove si può derogare e dove no.

Un buon 95% dei conducenti, hanno subìto, il cronotachigrafo e le norme che lo regolano, perchè nessuno nel tempo li ha formati ed ognuno si è costruito il proprio cronotachigrafo con le proprie regole, creando una specie di puzzle, una parte per sentito dire dai colleghi, una parte presa da internet (molto pericolosa), una parte fatta di “estro personale” (pericolosissima, sanzione sicura al 99%), una parte…e chi più ne ha più ne metta.

Nei corsi di formazione organizzati spesso ci si sente dire: “ogni volta che inserisco la carta tachigrafica, mi viene un colpo al cuore, perchè nessuno mi ha detto cosa fare e quando chiedo spiegazioni ottengo sempre risposte diverse e controverse”.

Ora ci siamo, una volta per tutte i conducenti potranno finalmente avere una giusta formazione che li aiuti a capire e soprattutto a non aver più paura del cronotachigrafo.

Contattaci per informazioni e preventivi sui corsi di formazione erogati da Ente autorizzato e da docenti professionali, molto preparati in particolare sulla casistica, che è davvero molto ampia.

Siamo presenti su tutto il territorio nazionale

brochure corso cronotachigrafo 2017

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Lavorano a Stradella, ma sono pagati con valuta romena e devono sottoscrivere contratti in romeno. Il caso limite riguarda 70 lavoratori italiani della Ceva Logistica. La denuncia arriva dalla Filt-Cgil che, per questo motivo oltre che per l’incertezza sul rinnovo di altri 150 contratti a tempo determinato, ha incrociato le braccia, venerdì mattina, davanti ai cancelli dello stabilimento della “Città del Libro” di via Zaccagnini.

Allo sciopero hanno aderito parecchi lavoratori, che hanno manifestato insieme al segretario provinciale della Filt, Massimo Colognese, e ai delegati regionali Cgil e interni del personale. Sotto accusa del sindacato, in particolare, la presenza all’interno della logistica di un’agenzia interinale romena, che ha sottoscritto con una settantina di ragazzi italiani, tutti residenti in Oltrepo, contratti in lingua romena, che prevedono paghe con la valuta corrente della Romania, ovvero il leu.

«La parte fissa dello stipendio viene pagata con moneta romena, mentre una piccola parte in euro – attacca Colognese -. Ovviamente è un modo che l’agenzia ha per non pagare le tasse sul lavoro. La scorsa settimana abbiamo denunciato il fatto al consorzio “Premium Net” e, non avendo ricevuto risposta, lunedì abbiamo avviato lo stato di agitazione». Questi contratti prevedono una retribuzione mensile di 5000 lei rumeni (1100 euro), ma il costo del lavoro per questa agenzia è molto più basso: «Al netto questa paga è più bassa di quella che viene pagata in euro agli altri lavoratori – aggiunge Colognese -. Ma alla cooperativa questi lavoratori costano ancora meno perchè mancano contribuzione e Inail. Tra l’altro è difficile parlare con i ragazzi perché appena sentono parlare di sindacato si allontanano».

Questo non è l’unico problema: proprio venerdì, infatti, scadevano 150 contratti di lavoro a tempo determinato e il consorzio non aveva ancora comunicato se ci sarebbero stati dei rinnovi oppure no. «Il contratto prevede un rinnovo per un massimo di cinque volte – spiegano i delegati della Filt Cgil – ma i lavoratori vengono fatti ruotare nelle diverse cooperative. Noi, invece, sosteniamo che Ceva sia un magazzino unico e quindi tutto questo non è possibile». Infine, nonostante gli accordi sottoscritti tra Cgil e Premium Net lo scorso anno, ci sono ancora cooperative all’interno della logistica che non applicano il contratto nazionale: le stesse cooperative, inoltre, sempre più spesso modificano la loro ragione sociale, l’indirizzo e la partita Iva, ingenerando molta confusione tra i dipendenti.

Con la protesta, che ha bloccato l’attività del polo per tutta la mattina, la Cgil chiede a Ceva e ai consorzi di cooperative di prendere in mano la situazione, controllando soprattutto l’attività dell’agenzia interinale romena. Durante lo sciopero momenti di tensione con i lavoratori del sindacato Si Cobas, che in due occasioni hanno tentato di forzare il blocco della Cgil per entrare a lavorare.

fonte laprovinciapavese

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Costringere i propri camionisti a truccare i tachigrafi dei tir e a rimanere alla guida fino allo stordimento – mettendo così in pericolo la propria vita e quella degli ignari automobilisti – è reato. Violenza privata, secondo il giudice Emanuela Rossi, che ha condannato in primo grado a due anni (con la condizionale) Giampaolo Vercesi, titolare di un’azienda di autotrasporti tra Pozzuolo Martesana e Vignate, alle porte della metropoli. Per ordine della settima sezione del tribunale, Vercesi dovrà anche versare subito 3 mila euro a cinque suoi ex dipendenti, parti civili nel processo, come anticipo sul risarcimento danni che verrà stabilito in seguito da un giudice. L’imprenditore, poi, dovrà affrontare a breve un altro processo per le stesse vicende, stavolta con l’accusa (in un primo tempo caduta ma poi ribadita dalla Cassazione) di aver dolosamente rimosso strumenti destinati a prevenire “disastri o infortuni sul lavoro”.

Le storie sono quelle quasi incredibili – e già riferite dal Giorno – che una decina di camionisti ex dipendenti della ditta Vercesi, alcuni assistiti dall’avvocato Attilio Giulio, hanno raccontato al giudice nel corso delle loro testimonianze. «Noi eravamo degli assassini – mise a verbale uno degli autisti – eravamo delle bombe vaganti perché non si può dormire due ore a notte (…) Neanche un ragazzo di vent’anni lo può fare, a meno che non prenda delle sostanze stupefacenti». Dentro ai camion, infatti, i turni massacranti arrivavano anche fino a 20 ore al giorno. E lì dentro, dove mangiavano e dormivano, si svolgeva la vita degli autisti anche nel fine settimana, quando usavano il tir anche per tornare nei paesi e nelle città dove abitavano, sempre alla guida. Altrimenti avrebbero dovuto pagarsi un albergo o un letto magari a mille chilometri di distanza da casa. Per mantenere quei ritmi folli – era l’accusa del pm Maura Ripamonti – gli autisti erano costretti ad aggirare le leggi che fissano tempi massimi al volante e riposi obbligati. E così il datore di lavoro preparava loro false lettere di vacanze mai fatte, da consegnare alla polizia stradale in caso di controlli. E appena assunti insegnava loro come infilarsi sotto il sotto il camion per piazzare nel cambio un piccolo magnete che mandava in tilt il tachigrafo: il tir risultava fermo, invece stava viaggiando. Rifiutarsi avrebbe voluto dire perdere il lavoro e un buono stipendio.

fonte il giorno

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Più che un salario una mancia, simile a quella che i genitori danno ai figli non ancora adolescenti: tre euro per ogni ora di guida. È quanto percepiscono, secondo la denuncia riportata dal quotidiano della Cisl, Conquiste del Lavoro, gli autisti impegnati nella filiera che si occupa di distribuire in tutta Europa i prodotti Ikea. Autisti che arrivano da paesi dell’Est e che, con queste cifre, sono costretti ovviamente a vivere come lumache, con la cabina che funge da guscio in cui trascorrere i momenti (pochi) liberi, mangiare e dormire. In realtà la denuncia arriva dal sindacato mondiale dei trasporti, ITF, presente in rappresentanza di 4,5 milioni di lavoratori in 150 paesi, che ha cercato di sensibilizzare la stessa multinazionale svedese della vicenda. Ikea, interpellata dalla Bbc che si è occupata della questione in un reportage, si è detta rattristata di quanto appreso e ha manifestata l’intenzione di controllare meglio la propria catena di fornitori, ma finora non ci sono stati riscontri. Ci sono state invece delle azioni legali in diversi paesi. Una corte olandese ha condannato un’azienda di trasporti che, secondo le accuse del locale sindacato FNV, concedeva salari illegali in cambio di condizioni di lavoro disumane. Dopo questa sentenza ci sono state proteste in Germania e in Svezia.

fonte uominioetrasporti

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Facciamo un piccolo passo indietro. A partire dal 2 marzo 2016 è entrato in vigore un regolamento UE (165/2014) il cui articolo 22 chiarisce che la rottura o la rimozione di un sigillo del tachigrafo digitale può essere effettuata esclusivamente da installatori o da officine autorizzati per interventi di riparazione, manutenzione o ricalibratura dello strumento oppure da funzionari di controllo formati e autorizzati.

Che documentazione bisogna avere a bordo?

A bordo del veicolo ci deve essere una giustificazione scritta dell’avvenuta rimozione dei sigilli in cui risulti la data e l’ora in cui si sono infranti i sigilli stessi. Aggiungiamo pure che: – i sigilli, una volta rimossi, vanno poi sostituiti da un installatore, da un’officina o dal costruttore del veicolo autorizzati – la risigillatura va fatta entro sette giorni dalla rimozione – prima della risigillatura bisogna effettuare un controllo e una calibrazione del tachigrafo. Adesso il Regolamento di esecuzione  del 23 marzo 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione lo scorso 24 marzo, aggiunge un altro piccolo dettaglio, relativo alla ricordata giustificazione. Per la precisione prevede un modulo standard e prefissato. Attenzione: l’onere di compilare questo modulo non riguarda ovviamente il trasportatore, ma l’addetto dell’officina che ha rimosso o rotto il sigillo del tachigrafo allo scopo di effettuare modifiche o riparazioni. E’ questi quindi che deve compilare, timbrare e firmare il modulo. Anche se la versione originale di questo modulo, a pena di sanzione, deve trovarsi obbligatoriamente a bordo del veicolo, mentre in officina dovrà restare una copia timbrata.

fonte uominietrasporti