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È un’inchiesta con due indagati, accusati di rimozione ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e, quella aperta dalla Procura di Teramo, e relativa alla manomissione dei cronotachigrafi di alcuni autoarticolati. A finire nel registro degli indagati i titolari di due officine autorizzate, mentre per proprietari ed autisti dei veicoli sono scattate le relative sanzioni amministrative.
Secondo quanto emerso in questa prima fase di indagine, con gli accertamenti affidati dal pm Davide Rosati, titolare del fascicolo, agli uomini della sezione di polizia giudiziaria della polizia stradale, in diverse occasioni all’atto del monitoraggio e controllo della strumentazione, i tachigrafi sarebbero stati manomessi, probabilmente con l’obiettivo di alterare i tempi di guida e riposo previsti dalla normativa. Da quanto si apprende gli agenti si sarebbero mossi di iniziativa, effettuando dei controlli nelle officine che hanno l’autorizzazione ad installare e revisionare gli apparecchi. Questo, probabilmente, anche in seguito ad alcuni controlli effettuati su strada. Nei giorni scorsi, nelle due officine interessate, sono stati effettuati anche dei sequestri di alcuni strumenti utilizzati per il monitoraggio e la revisione dei tachigrafi. Le indagini, comunque, proseguono, e non è escluso che nei prossimi giorni possano allargarsi anche ad altre officine.
Non è la prima volta che la manomissione dei cronotachigrafi dei mezzi pesanti finisce sotto la lente di ingrandimento della magistratura, ma fino ad oggi le denunce avevano interessato prevalentemente autisti e imprese di autotrasporti. Nel corso degli anni la polizia stradale, durante i controlli su strada, ha più volte scoperto casi di manomissione degli strumenti di registrazione dei tempi di guida e riposo. Manomissioni che però, nella maggior parte dei casi, venivano effettuate in maniera artigianale, come nel caso dei due autotrasportatori fermati nel 2016 a Giulianova e Martinsicuro che avevano manomesso attraverso una rudimentale calamita montata ad arte e nascosta nel bulbo del cambio. In quell’occasione i due conducenti erano stati sorpresi dai poliziotti a circolare mentre avrebbero dovuto completare le loro ore di riposo giornaliero, con i fogli di registrazione del cronotachigrafo che non annotavano nulla, proprio come se i mezzi fossero fermi. E così per entrambi era scattata la relativa sanzione amministrativa prevista dal codice della strada, oltre alla denuncia per rimozione ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro

fonte ilcentro

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I controlli della Polizia Stradale sui mezzi in circolazione sono sempre più assidui e il controllo non si basa solo sui tempi di guida e riposo, sulla velocità, sulla massa, sulla documentazione regolare, ma e soprattutto “ultimamente” su probabili manomissioni del Cronotachigrafo.

Qualche giorno fa un’azienda è stata fermata dalla Polizia Stradale ed in fase di controllo hanno verificato che il sensore (Kitas), nonostante fosse stata fatta la taratura del Cronotachigrafo e apposti i sigilli, risultava, dopo aver accompagnato il mezzo presso un’officina autorizzata “gradita” dalla Polizia Stradale (!?!), una manomissione che realmente non c’è stata.

Veniva quindi emesso verbale di 1796€ sospensione della patente all’autista incolpevole, 10 punti sulla patente, ma fin qui “per assurdo” sembra tutto in ordine, l’azienda doveva accertarsi? se sì come? portando il mezzo presso un’altra officina ed effettuare  nuovamente la taratura?…

Comunque l’azienda paga il verbale, l’autista si becca la sospensione della patente insieme ai 10 punti, ma non finisce qui.

L’officina che ha fatto il controllo richiesto dalla pattuglia della Polizia Stradale, sostituiva il sensore, emetteva fattura il cliente pagava e se ne andava via “tranquillo”senza effettuare l’accoppiamento con il cronotachigrafo, senza mettere i sigilli sul bulbo del cambio e senza inserire la scheda dell’officina sul cronotachigrafo per registrare l’intervento, tra l’altro obbligatoria pena una denuncia penale, lasciava andar via l’autista.

Successivamente il titolare porta il mezzo presso un’altra officina, per verificare se il lavoro è stato eseguito in modo corretto , ed evitare ulteriori sanzioni, e… sorpresa.

L’officina che ha fatto l’intervento con la Polizia Stradale ha lasciato andare via il mezzo

  • senza effettuare l’accoppiamento con il cronotachigrafo;
  • senza mettere i sigilli sul bulbo del cambio;
  • senza inserire la scheda dell’officina sul cronotachigrafo per registrare l’intervento, tra l’altro obbligatoria pena una denuncia penale;

La domanda nasce spontanea, ma se il mezzo veniva fermato in questo tragitto, scattava il fermo amministrativo, la sanzione penale per attentato alla sicurezza per aver rimosso i sigilli (non apposti dall’officina), e il ritiro della patente.

ma di chi fidarsi?

Spero che il Ministero o chi per lui provveda a revocare immediatamente l’autorizzazione alla taratura e istallazione dei Cronotachigrafi a questa officina e che venga anche condannata a pagare tutte le spese che l’azienda sostiene.

 

 

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La Polizia Stradale di Ragusa ha effettuato delle perquisizioni a Ragusa nei confronti di due società di autotrasporto ragusane, sequestrando di 4 veicolai e materiale informatico, su delega della Procura della Repubblica di Ragusa.

Il reato contestato agli amministratori delle due società e a sette autisti è quello previsto dagli art. 437 e 110 del codice penale “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, in concorso” per aver gli autisti delle due società utilizzato doppie schede (la propria e quella di altri colleghi che ne hanno dichiarato lo smarrimento) al fine di eludere la normativa sull’orario di lavoro con evidenti rischi per la salute degli stessi autisti, per la circolazione stradale e facendo di fatto una concorrenza sleale alle ditte regolari ed oneste.

Nel corso delle perquisizioni dei locali delle due aziende sono state effettuate anche delle perquisizioni informatiche sui computer con sequestro di dati utili alle indagini, relativi ai viaggi effettuati da quattro TIR e dai sette autisti coinvolti.

Nei locali delle ditte, al momento della perquisizione, era presente solo uno dei TIR ricercati; per il sequestro degli altri mezzi, che si trovavano per lavoro in altre parti del territorio nazionale ed uno a Caltanissetta (quest’ultimo già in sequestro perché coinvolto in un grave incidente stradale ), venivano delegati altri Uffici della Specialità che provvedevano inoltre a notificare gli atti anche agli autisti assenti.
Durante l’espletamento dell’attività delegata dalla Procura di Ragusa erano presenti sul posto gli amministratori delle due società, a cui venivano notificati gli atti di perquisizione e sequestro, nonché l’informazione di garanzia e sul diritto di difesa.

In particolare, l’indagine, avviata un anno fa, prende spunto da un controllo effettuato sulla Ragusa Catania nel corso del quale agenti della Polizia Stradale accertavano che un vittoriese di 57 anni, alla guida di un complesso veicolare costituito da un trattore stradale e dal semirimorchio di proprietà di una delle due ditte di autotrasporti, oltre ad essere in possesso della propria carta del conducente, inserita nel cronotachigrafo, ne aveva un’altra disponibile all’interno dell’abitacolo intestata ad un altro autista ragusano.

Dalla verifica dell’attività del mezzo emergeva che l’altro autista avrebbe guidato il mezzo fino a mezzora prima del controllo e per circa tre ore precedenti; risultava inoltre, dalla verifica dei dati, che le schede in possesso dell’autista fermato venivano utilizzate in successione ed in più giornate.

Dal momento che il vittoriese fermato cadeva più volte in contraddizione, dopo vari tentativi, ammetteva di aver fatto uso delle due schede su indicazione dei titolari della ditta, allo scopo di eludere gli orari di lavoro previsti dalla normativa vigente e di evitare di effettuare il previsto riposo giornaliero; ammetteva inoltre di aver fatto uso della scheda del collega sin da quando aveva effettuato il carico della merce al mercato di Vittoria nelle ore precedenti al controllo.

Dai successivi accertamenti in banca dati emergeva che la scheda di cui era in possesso l’autista vittoriese, intestata al collega, era stata dichiarata smarrita con apposita denuncia dal titolare, il quale, in tal modo, provvedeva a farsene un duplicato per poter lavorare regolarmente.
Ed infatti, dai successivi ed ulteriori riscontri emergeva che l’altro autista ragusano, nel momento in cui risultava aver guidato il mezzo fermato dagli agenti, in realtà si trovava alla guida di un altro TIR in un’altra provincia siciliana; così come, in altre giornate, mentre il vittoriese utilizzava la scheda del ragusano, quest’ultimo in realtà guidava altri mezzi di un’altra ditta ragusana. Entrambe le ditte, pur avendo amministratori diversi, erano di fatto riconducibili alla stessa proprietà.

A seguito del citato controllo venivano deferiti alla Procura della Repubblica sia l’autista vittoriese che il titolare della ditta ragusana, per aver messo in atto una sistematica strategia, finalizzata a falsare i dati relativi all’attività lavorativa del conducente mediante l’uso di una doppia carta del conducente, consistente nel far risultare formalmente un minore numero di ore di guida attribuibili al singolo autista del mezzo, creando così un serio pericolo alla circolazione stradale.

In tali casi la responsabilità penale del legale rappresentante della ditta proprietaria del veicolo, nonché datore di lavoro del conducente, è complementare all’illecito penale commesso da quest’ultimo, in quanto ha l’obbligo di controllare il lavoro dei dipendenti e tutelare la loro salute sul posto di lavoro e di eventuali terzi che possono subire le conseguenze del mancato riposo degli autisti.
Il P.M. della Procura di Ragusa, D. ssa Giulia Bisello, con il coordinamento del Procuratore della Repubblica Fabio D’Anna, delegava pertanto la Polizia Stradale di Ragusa ad effettuare ulteriori accertamenti su altri mezzi e autisti delle due ditte, che venivano effettuati tramite il software denominato “Police Controller”, che consente di effettuare una copia digitale della memoria di massa dei tachigrafi digitali istallati sui trattori stradali, i quali registrano l’attività espletata negli ultimi 365 giorni dal mezzo e dagli autisti..

Gli Agenti della Polstrada effettuavano controlli su altri mezzi in uso alle due ditte e dall’analisi dei file scaricati emergeva che, oltre ad essere state commesse numerose infrazioni al codice della strada, venivano rilevati diversi cambi sospetti di carta conducente tanto da avere rilevare la presenza di un solo autista invece che di due, come previsto dalla normativa vigente nei lunghi viaggi. Veniva altresì accertato che alcune carte conducenti, già denunciate smarrite ed intestate ad abituali conducenti dei veicoli controllati, erano state in realtà utilizzate da altri dipendenti della medesima società per la circolazione; il tutto al fine di raggiungere la destinazione del viaggio nel nord Italia, omettendo di effettuare le soste obbligatorie ed i riposi previsti.

La Polizia Stradale di Ragusa esperiva ulteriori indagini presso gli uffici ove erano state sporte le denunce e presso la Camera di Commercio di Ragusa, che consentivano di accertare responsabilità penali a carico, oltre che degli amministratori delle due ditte, anche di 7 autisti (due vittoriesi, tre ragusani, un comisano ed un nisseno) per aver contribuito con le false denunce a mettere in piedi una così articolata attività illecita ai danni degli stessi autisti, della circolazione stradale e facendo in tal modo anche una concorrenza sleale nei confronti di altre ditte di autotrasporto regolari.

Nella giornata del 24 dicembre, alla presenza degli autisti indagati, dei rappresentanti delle due ditte, dei rispettivi legali e dei consulenti di parte, su delega della Procura della Repubblica, la Polizia Stradale ha proceduto ad acquisire con le modalità degli accertamenti irripetibili, i dati informatici contenuti nei cronotachigrafi dei 4 TIR sequestrati, al fine di poterli esaminare e di trovare ulteriori riscontri all’attività investigativa e con l’ulteriore finalità di consentirne dissequestro.
Sui dati acquisiti verranno svolti accertamenti da parte di consulenti tecnici della difesa e della Procura.

fonte ragusanews

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Il settore dell’autotrasporto, sempre più in difficoltà, si trova come sempre tra l’incudine ed il martello, da una parte la committenza, che pretende prezzi sempre più bassi, orari di attesa al carico e scarico assurdi, e dall’altra gli organi di controllo su strada (Polizia Stradale) e successivamente Ispettorato del Lavoro.

Pur di non superare i tempi di guida e riposo negli anni, e con l’evoluzione del Cronotachigrafo, si è passati dalla cicca di sigaretta, alla calamita, poi al telecomando e/o interruttore, poi alle schede dei colleghi di lavoro, poi al doppio cronotachigrafo (vedi i mezzi che provengono dalla Polonia), ecc… e chi più ne ha più ne metta.

Ammesso che si riescano a trovare gli altri taroccamenti il telecomando e/o interruttore pur se ben nascosti possono essere scovati facilmente dagli organi di controllo.

Vediamo come, controllando l’assorbimento del cavo che collega il sensore (Kitas 1 oppure il nuovo Kitas 2) si possono riscontrare delle differenze di assorbimento lungo il collegamento dovuto all’interruzione procurata dall’inserimento nell’impianto di un secondo sensore e/o di un secondo cronotachigrafo.

Le differenze sono sensibili parliamo di (milliampére), che però sono importanti in fase di taratura del cronotachigrafo e durante il suo utilizzo nei successivi 2 anni.

Gli agenti di controllo, negli ultimi tempi, per far rispettare il codice della strada e non dare la possibilità di fare un “attentato” alla sicurezza, stanno accompagnando sempre più mezzi nelle officine per far verificare l’intero impianto, dai sigilli manomessi alle interruzioni (volute) sull’impianto.

Ricordo che questa operazione può avere un percorso penale.

Meditate, meditate, conviene accontentare sempre la committenza (che spesso e volentieri dice, sono problemi tuoi, sai quanti ce ne sono fuori che aspettano di prendere il tuo posto?)

Due immagini che dimostrano la differenza in milliampére

controllo regolare

CONTROLLO IRREGOLARE E SANZIONE

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La Corte di Cassazione sembra averci ripensato: la manomissione del cronotachigrafo rileva penalmente solo il datore di lavoro, mentre, per i conducenti, è prevista solamente la sanzione amministrativa, secondo quanto disposto dall’articolo 179 del Codice della Strada.

Il cambio di rotta della Suprema Corte segnala un netto taglio con il recente passato quando, la Cassazione stessa, con sentenza n.34107 del 12 luglio 2017, aveva riconosciuto la responsabilità del conducente sia sotto il profilo penale ai sensi dell’art. 437 (rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro), sia sotto quello amministrativo, secondo quanto previsto, come anticipato precedentemente, dall’art.179 del CdS (circolazione con un mezzo munito di tachigrafo alterato).

A questo punto mi sembra evidente che l’azienda viene considerata prima responsabile, ma se il dipendente mette la calamita, all’insaputa dell’azienda, come può considerarsi responsabilità penale dell’azienda?

Esiste solo una contromisura a tutto questo, l’azienda deve provvedere a fare la formazione adeguata ai propri dipendenti, solo così potrà garantirsi la “non corresponsabilità”

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Nel pomeriggio del 18 gennaio, nell’ambito dei servizi di vigilanza posti in essere sulla rete viaria provinciale, una pattuglia della polizia stradale di Macerata ha proceduto al controllo di un autoarticolato con targhe rumene, condotto da un autista di nazionalità turca, che stava viaggiando ad una velocità eccessivamente sostenuta lungo la superstrada.

Dai primi accertamenti effettuati, tramite il cronotachigrafo di tipo digitale (strumento che registra tutte le attività del conducente), il personale operante ha accertato che l’autista aveva superato di oltre 20 km/h il limite di velocità previsto su quel tratto di strada per quel tipo di veicolo. Successivamente, gli operatori della polizia stradale hanno passato al setaccio, in maniera più approfondita, le registrazioni relative alle attività svolte dal medesimo conducente nelle ore precedenti al controllo, con particolare riferimento all’alternanza dei periodi di riposo e di guida.

L’accertamento, incrociato con i dati ottenuti in tempo reale dalla Società Autostrade, relativamente agli orari di transito nei caselli, ha consentito di acclarare palesi incongruenze, che hanno subito fatto sospettare manomissioni del dispositivo tachigrafo, volte a falsarne le registrazioni. Per una compiuta e definitiva verifica tecnica, il mezzo è stato scortato presso una officina specializzata nel controllo e la taratura di tali apparecchi. Qui, gli operatori della polizia stradale, con l’ausilio del personale tecnico della citata officina, hanno riscontrato la “magnetizzazione” del sensore del cronotachigrafo.

A questo punto, l’autista ha ammesso di aver utilizzato una calamita per falsare le registrazioni e far risultare che stava riposando nelle ore in cui, invece, era alla guida, mostrando agli operanti il modo in cui compiva tale operazione. Nei confronti del conducente sono state quindi applicate sanzioni amministrative pecuniarie per un totale di oltre duemila euro; la patente di guida è stata ritirata e l’autoarticolato è stato posto in regime di fermo amministrativo.

 

fonte picchionews

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Un’impresa di autotrasporto che impone ai propri autisti di installare una calamita o di manomettere il funzionamento del tachigrafo commette un’infrazione amministrativa (quella prevista dall’art. 179 cds) o un reato penale (quella prevista dall’art. 437 cod pen, che prevede la rimozione di strumenti finalizzati a garantire la sicurezza sul lavoro)? La domanda, finalmente, se l’è posta anche la Cassazione, che nella sentenza del 9 novembre 2016, n. 47211,  ha risposto in maniera inequivocabile: commette un reato penale. Per quale ragione? In genere, precedenti pronunce, aveva escluso questa conclusione in base al rapporto che c’è tra le due norme citate. E in diritto quando sulla stessa materia concorrono due norme, finisce per prevalere quella speciale, in questo caso quella del codice della strada. La Cassazione però sostiene che le due norme tutelano beni giuridici diversi, visto che il codice della strada «considera i soli rischi derivanti dalla circolazione stradale e quindi tutela la sicurezza di detta circolazione, mentre l’art. 437 cod. pen. tutela in via principale la sicurezza dei lavoratori, essendo limitato il suo ambito di operatività alle manomissioni dei dispositivi diretti a prevenire gli infortuni».

Il delitto di rimozione di cautele contro infortuni sul lavoro è un delitto, doloso e volontario, il cui pericolo consiste nel verificarsi dell’infortunio in conseguenza della rimozione. Peraltro mentre il reato penale è punito soltanto se volontario (vale a dire doloso), la fattispecie prevista dal codice della strada, essendo sanzionata solo in via amministrativa, può essere punita sia a titolo di dolo che di colpa.
Anche i destinatari e le condotte delle due disposizioni sono diversi, in quanto l’art. 437 cod. pen. punisce chi «omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia», mentre l’art. 179 c.d.s. solo chi «circola» o «il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto che mette in circolazione» un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo o con «cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante», punendoli anche se non sono autori della manomissione, a differenza della norma penale.

Sulla base di questi e altri argomenti la Cassazione ha giudicata errata la conclusione a cui era giunto il Tribunale di Milano, che con sentenza del 19 novembre 2015 aveva dichiarato esattamente l’opposto. Di fronte cioè alla denuncia di alcuni ex autisti di una società di autotrasporto che impone l’uso delle calamite ai suoi dipendenti, il Tribunale penale sosteneva che il fatto non è previsto dalla legge come reato. Nel senso che il disegno criminoso dell’azienda era assolutamente provato, anche tramite strumentazioni GPS, che avevano consentito di verificare varie incongruenze tra i periodi di riposo segnati nelle stampate del cronotachigrafo rispetto agli effettivi spostamenti del mezzo rinvenibili dall’analisi dello storico GPS, comprovando, pertanto, la manomissione dei rilevatori a bordo dei camion. Ma il giudice non riteneva di dover applicare la norma penale, quanto piuttosto quella del codice della strada.
Cosa vuol dire tutto questo? Molto, per certi versi moltissimo, perché mette un po’ di chiarezza in materia. In Italia infatti esistono molti distretti di polizia stradale che, di fronte a manomissioni del tachigrafo, ipotizzano la commissione di un reato penale e trasmettono gli atti al giudice. Ma spesso poi queste denunce non trovano seguito e i giudici decidono di non rinviare a giudizio gli interessati, proprio sulla base del principio di specialità che abbiamo ricordato. Il fatto che adesso la Cassazione indica una diversa interpretazione sicuramente costituisce un precedente importante, al quale altri tribunali possono adeguarsi. «Possono», non debbono, perché nel nostro ordinamento, contrariamente a quelli di common law (anglosassoni in genere) il precedente non costituisce una fonte primaria. Insomma, non è di per sé una legge. È un’indicazione, ma per essere certi che tutti i tribunali poi si adeguino ci vorrebbe un’apposita legge. Anche se è certo comunque che in tanti lo faranno ugualmente.

fonte uominietrasporti

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Un autotrasportatore di Lecco è stato multato a Ravenna dalla polizia municipale per 1.700 euro e si è visto ritirare la patente di guida per aver alterato il cronotachigrafo, l’apparecchiatura che registra le ore di guida e di riposo imposte per legge ai conducenti di mezzi pesanti e autobus. Nella circostanza è emerso infatti che l’uomo, fermato in via Canale Magni, nel corso di servizi programmati di controllo sull’autotrasporto attuati dall’ufficio Emergenza e Sicurezza Stradale, aveva installato un potente magnete sul bulbo del cambio, trasmettitore dei dati, in modo da falsare le registrazioni di guida.

Con ausilio di police controller gli agenti hanno verificato che l’autista risultava in riposo quando invece stava circolando. Insospettiti da tale anomalia, hanno quindi effettuato un’ispezione più accurata del veicolo, scoprendo l’espediente utilizzato dal camionista. Lo stesso conducente, posto di fronte all’evidenza, ammetteva di aver posizionato lui la calamita e di non aver fatto in tempo a rimuoverla prima dei controlli.

Forse non tutti sanno che oltre al fatto di ingannare gli organi di controllo, l’applicazione della calamita comporta anche problemi sulla sicurezza inibendo il funzionamento dell’ABS, oltre ad altre anomalie all’intero sistema (anche dopo averla tolta)

fonte ravvennaedintorni