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Autostrasportatore di 48 anni è stato denunciato e sanzionato per aver manomesso i controlli del proprio mezzo, a danno della sicurezza stradale. La vicenda, secondo quanto riportano fonti della stampa locale, ha avuto origine nei giorni scorsi, durante un normale controllo alla circolazione dei mezzi pesanti in prossimità dell’Interporto di Bentivoglio.

L’autotrasportatore, un cittadino ucraino impiegato in una azienda di trasporti residente nel salernitano, avrebbe manomesso il cronotachigrafo, la scatola nera che registra tempi di guida, velocità e riposo del conducente, che per legge deve essere montata sui mezzi e sincronizzata in tempo reale durante la marcia.

Agli agenti è subito saltato all’occhio che i tempi indicati di riposo non potevano essere veritieri. Dopo alcune verifiche sul mezzo da parte di un tecnico la conferma: la scatola nera era stata alterata. immediata la sanzione per l’autista, così come la sospensione per due mesi della patente, L’uomo dovrà anche vedersela ora con una denuncia PENALE per omissione dolosa di cautele per infortuni sul lavoro.

fonte bolognatoday

 

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All’inizio di maggio 2018, la Polizia danese ha fermato due volte lo stesso autista rumeno che aveva violato i tempi di guida, scoprendo la manomissione del cronotachigrafo, staccando un verbale vertiginoso. Altra multa di 13mila a un greco.

Caccia grossa della Polizia danese, che all’inizio di maggio ha applicato in modo molto rigoroso le norme sui tempi di guida e di riposo a tre veicoli industriali stranieri, staccando verbali per una cifra complessiva di 549mila corone, pari a 73.695 euro. Secondo il giornale danese JydskeVestkysten, la batosta peggiore la ha subita un’azienda di autotrasporto rumena, che ha ricevuto due controlli nel giro di pochi giorni su due veicoli diversi, ma guidati dallo stesso autista. Durante il primo controllo, avvenuto il 2 maggio, gli agenti hanno scoperto una manipolazione del cronotachigrafo su un camion a Vojens, staccando un verbale di 349mila corone (46.848 euro) più il fermo del veicolo. Pochi giorni dopo, lo stesso autista è stato fermato a Padbord su un camion diverso, anche in questo caso in flagrante violazione dei tempi di guida, ricevendo un secondo verbale di 100mila corone (13.423 euro), più il fermo anche di questo camion. Negli stesso giorni a Sønderborg la Polizia ha scoperto un cronotachigrafo manomesso su un camion greco, staccando anche in questo caso un verbale di 100mila corone. Oltre le multe, gli autisti subiranno un processo.
La Danimarca è il Paese europeo più severo contro le violazioni dei tempi di guida e del cabotaggio stradale, dove ha regole piuttosto restrittive. Per esempio, nel cabotaggio un veicolo straniero non può fare nello stesso viaggio contemporaneamente più carichi e più scarichi. Inoltre, come dimostra questa cronaca le sanzioni sono molto pesanti e prevedono anche il processo penale per l’autista e il divieto di guidare nel Paese per periodi di tempo anche prolungati.

fonte trasportoeuropa

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La Corte di Cassazione sembra averci ripensato: la manomissione del cronotachigrafo rileva penalmente solo il datore di lavoro, mentre, per i conducenti, è prevista solamente la sanzione amministrativa, secondo quanto disposto dall’articolo 179 del Codice della Strada.

Il cambio di rotta della Suprema Corte segnala un netto taglio con il recente passato quando, la Cassazione stessa, con sentenza n.34107 del 12 luglio 2017, aveva riconosciuto la responsabilità del conducente sia sotto il profilo penale ai sensi dell’art. 437 (rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro), sia sotto quello amministrativo, secondo quanto previsto, come anticipato precedentemente, dall’art.179 del CdS (circolazione con un mezzo munito di tachigrafo alterato).

A questo punto mi sembra evidente che l’azienda viene considerata prima responsabile, ma se il dipendente mette la calamita, all’insaputa dell’azienda, come può considerarsi responsabilità penale dell’azienda?

Esiste solo una contromisura a tutto questo, l’azienda deve provvedere a fare la formazione adeguata ai propri dipendenti, solo così potrà garantirsi la “non corresponsabilità”

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Un’impresa di autotrasporto che impone ai propri autisti di installare una calamita o di manomettere il funzionamento del tachigrafo commette un’infrazione amministrativa (quella prevista dall’art. 179 cds) o un reato penale (quella prevista dall’art. 437 cod pen, che prevede la rimozione di strumenti finalizzati a garantire la sicurezza sul lavoro)? La domanda, finalmente, se l’è posta anche la Cassazione, che nella sentenza del 9 novembre 2016, n. 47211,  ha risposto in maniera inequivocabile: commette un reato penale. Per quale ragione? In genere, precedenti pronunce, aveva escluso questa conclusione in base al rapporto che c’è tra le due norme citate. E in diritto quando sulla stessa materia concorrono due norme, finisce per prevalere quella speciale, in questo caso quella del codice della strada. La Cassazione però sostiene che le due norme tutelano beni giuridici diversi, visto che il codice della strada «considera i soli rischi derivanti dalla circolazione stradale e quindi tutela la sicurezza di detta circolazione, mentre l’art. 437 cod. pen. tutela in via principale la sicurezza dei lavoratori, essendo limitato il suo ambito di operatività alle manomissioni dei dispositivi diretti a prevenire gli infortuni».

Il delitto di rimozione di cautele contro infortuni sul lavoro è un delitto, doloso e volontario, il cui pericolo consiste nel verificarsi dell’infortunio in conseguenza della rimozione. Peraltro mentre il reato penale è punito soltanto se volontario (vale a dire doloso), la fattispecie prevista dal codice della strada, essendo sanzionata solo in via amministrativa, può essere punita sia a titolo di dolo che di colpa.
Anche i destinatari e le condotte delle due disposizioni sono diversi, in quanto l’art. 437 cod. pen. punisce chi «omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia», mentre l’art. 179 c.d.s. solo chi «circola» o «il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto che mette in circolazione» un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo o con «cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante», punendoli anche se non sono autori della manomissione, a differenza della norma penale.

Sulla base di questi e altri argomenti la Cassazione ha giudicata errata la conclusione a cui era giunto il Tribunale di Milano, che con sentenza del 19 novembre 2015 aveva dichiarato esattamente l’opposto. Di fronte cioè alla denuncia di alcuni ex autisti di una società di autotrasporto che impone l’uso delle calamite ai suoi dipendenti, il Tribunale penale sosteneva che il fatto non è previsto dalla legge come reato. Nel senso che il disegno criminoso dell’azienda era assolutamente provato, anche tramite strumentazioni GPS, che avevano consentito di verificare varie incongruenze tra i periodi di riposo segnati nelle stampate del cronotachigrafo rispetto agli effettivi spostamenti del mezzo rinvenibili dall’analisi dello storico GPS, comprovando, pertanto, la manomissione dei rilevatori a bordo dei camion. Ma il giudice non riteneva di dover applicare la norma penale, quanto piuttosto quella del codice della strada.
Cosa vuol dire tutto questo? Molto, per certi versi moltissimo, perché mette un po’ di chiarezza in materia. In Italia infatti esistono molti distretti di polizia stradale che, di fronte a manomissioni del tachigrafo, ipotizzano la commissione di un reato penale e trasmettono gli atti al giudice. Ma spesso poi queste denunce non trovano seguito e i giudici decidono di non rinviare a giudizio gli interessati, proprio sulla base del principio di specialità che abbiamo ricordato. Il fatto che adesso la Cassazione indica una diversa interpretazione sicuramente costituisce un precedente importante, al quale altri tribunali possono adeguarsi. «Possono», non debbono, perché nel nostro ordinamento, contrariamente a quelli di common law (anglosassoni in genere) il precedente non costituisce una fonte primaria. Insomma, non è di per sé una legge. È un’indicazione, ma per essere certi che tutti i tribunali poi si adeguino ci vorrebbe un’apposita legge. Anche se è certo comunque che in tanti lo faranno ugualmente.

fonte uominietrasporti