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La Guardia di Finanza di Fiorenzuola d’Arda ha concluso nel giugno 2018 un’indagine su un autotrasportatore che operava in Italia pur avendo formalmente sede in Romania. Denuncia penale e sequestro di beni per il responsabile.

La società ha sede in Romania, dove i costi degli autisti e l’imposizione fiscale sono notevolmente più bassi che in Italia, ma secondo la Finanza svolgeva abitualmente trasporti in Italia ed era gestita solamente da cittadini italiani. Per questi motivi, gli inquirenti ritengono sia un caso di “esterovestizione”, quindi un sistema per evadere le imposte in Italia. La Finanza ha valutato che questo sistema abbia permesso all’impresa di autotrasporto di omettere la dichiarazione in Italia di ricavi pari a sette milioni di euro, con un evasione della sola Iva di 2,7 milioni. Una somma così elevata comporta una denuncia nei confronti dell’amministratore dell’impresa (di cui non viene fornito il nome) per omessa dichiarazione, finalizzata all’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva e il sequestro di beni e valori fino a una somma equivalente alle imposte evase. Inoltre, il caso viene segnalato ad altri enti competenti, come Inps o Inail, per eventuali contestazioni sui contributi previdenziali degli autisti e sul pagamento dei premi assicurativi.
Il Tenente Colonnello della Guardia di Finanza di Piacenza, Luca Elidoro, spiega che con il termine “esterovestizione” si definisce una pratica attraverso cui società di fatto residenti nel territorio nazionale, dichiarano fittiziamente di avere la sede all’estero per poter usufruire di un regime fiscale e, nel caso specifico, anche previdenziale, molto più vantaggiosi. È una pratica diversa dall’apertura di una filiale all’estero, perché nel caso dell’esterovestizione formalmente la sede è all’estero, mentre le strutture, i veicoli e gli autisti, così come i responsabili e dirigenti, gravitano in Italia. Per scoprire questi casi è necessaria un’attività d’indagine approfondita, che non riguarda solo la documentazione aziendale, ma anche controlli sui movimenti dei veicoli svolti come, per esempio, l’analisi dei Telepass e dei cronotachigrafi.

In merito a questi ultimi per i mezzi dotati di Cronotachigrafo digitale, è possibile risalire ai dati di almeno un anno e attraverso l’analisi della memoria di massa verificare anche quante volte ha violato le norme sul cabotaggio.

fonte trasportoeuropa 

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Il giochino era criminalmente geniale: svuotavano società in stato di
insolvenza, ne spostavano i beni in altre aziende create appositamente e
intestate a prestanome e quindi trasferivano tutto in Bulgaria, magari
avendo premura di cambiare ragione sociale. A quel punto la società
decotta arrivava al fallimento, ma in questo modo si evitavano tutte le
conseguenze previste dalla normativa fallimentare italiana e
soprattutto si riusciva a dribblare il pesante reato di bancarotta
fraudolenta, che può comportare pene detentive fino a 10 anni. Esattamente
il reato che adesso, insieme al riciclaggio e al trasferimento fraudolento
di valori all’estero, la procura di Piacenza contesta a un gruppo di persone –
8 arrestate e 14 denunciate – che avevano costituito un’autentica
associazione a delinquere. Le Direzioni Investigativa Antimafia di Genova,
Milano, Torino e Firenze hanno posto sotto sequestro società e beni
aziendali (dislocati tra La Spezia, Massa Carrara, Milano, Piacenza,
Prato, Lodi e Siena) per un valore di oltre 150 milioni di euro, tutti
riconducibili secondo l’accusa al gruppo piacentino, attivo nella
vendita e nell’assistenza di veicoli industriali con diramazioni nel ramo
immobiliare e nella costruzione di cisterne in acciaio.
In manette sono finiti tra gli altri il fondatore della società, , suo
figlio, un avvocato di La Spezia e alcuni commercialisti accusati
di aver gestito il trasferimento delle società in Bulgaria. I due curatori fallimentari sono stati interdetti dalla professione.
In realtà, a consentire agli inquirenti di scoprire le attività criminali sono state
altre inchieste che stava svolgendo la Procura della Repubblica di La Spezia,
interessata soprattutto a colpire le diramazioni della criminalità calabrese in
Liguria e in Emilia. Di fatto, però, ascoltando le intercettazioni, gli uomini
della DIA si sono accorti che quanto emergeva era un reato
completamente diverso e per questo hanno “passato le carte” alla procura
di Piacenza coordinata dal pm Roberto Fontana che ha firmato la lunga
ordinanza che ha portato agli arresti e ai sequestri.

fonte uominietrasporti

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Sono 7,3 i milioni di euro non denunciati al fisco attraverso uno stratagemma definito senza mezzi termini «esterovestizione». È quanto contesta la guardia di Finanza di Frosinone a un’impresa di autotrasporto della provincia della città laziale, la quale aveva aperto una propria filiale in Romania, sulla quale poi scaricava tutti gli utili di impresa, in modo da godere della tassazione più bassa garantita in quel paese. Ma in questo caso, secondo gli uomini della Fiamme Gialle, ci sarebbe un elemento che funziona come un indice incontestabile del fatto che tale assetto sociale fosse stato costruito in maniera fittizia: il controllo, la direzione e l’impulso di tutte le attività sociale provenivano sempre dalla sede italiana. E l’indice della “direzione effettiva”, come più volte confermato dalla giurisprudenza, è il criterio con cui si determina la residenza fiscale di una società.

Nel caso in questione, la società di autotrasporto avrebbe distratto al fisco 6 milioni nel corso del triennio 2011-2014 e 1,3 milioni rispetto al 2015. Oltre alla segnalazione all’Agenzia delle Entrate per verificare l’ipotesi accusatoria e stabilire le sanzione, la Guardia di Finanza ha anche denunciato il titolare dell’azienda, un uomo di 65 anni, alla Procura della Repubblica, visto che l’esterovestizione può costituire un reato di elusione fiscale.

Ricordiamo che già in passato la Cassazione, con sentenza n. 38027 depositata il 16 settembre 2014, aveva giudicato esterovestita una società che forniva servizi di trasporto a una sola ed esclusiva società italiana, le garantiva cioè autisti e trattori cui agganciare i semirimorchi carichi, sotto il coordinamento logistico effettuato sempre e soltanto in Italia.

In quel caso a far convincere i giudici del carattere fittizio della società estera era stato il ritrovamento in Italia dei documenti, in originale, che riguardavano operazioni della società slovena, la presenza presso la sede italiana di alcuni camion utilizzati dalla società slovena e l’apertura da parte della società estera di un conto corrente in Italia.

fonte uominietrasporti

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Ricavi non dichiarati per oltre 3 milioni di euro, Iva evasa per circa 650mila euro e una ventina di posizioni lavorative di autotrasportatori risultati completamente “in nero” per le quali sono state contestate le ritenute fiscali e contributive non operate e non versate, oltre alla maxi-sanzione prevista dalla normativa di settore. È quanto ha scoperto Continua a leggere